Avevo deciso di fare un viaggio diverso, particolare, fuori dagli schemi. Un viaggio che mi avrebbe permesso di stare a contatto con le persone del luogo che visitavo. E così la mia scelta è caduta sulla Transiberiana.
MOSCA
Sono arrivata a Mosca con una mia amica e da lì, lasciandoci alle spalle la piazza Rossa, il Cremlino, le cupole dorate o dai colori smaltati delle cattedrali, il mausoleo di Lenin e il teatro Bolshoi, siamo salite su una delle carrozze e abbiamo trovato il nostro scompartimento. Una cabina di prima classe tutta per noi, con quattro letti a castello. Le fodere erano di un damasco sdrucito, le tende del finestrino accusavano tutti i loro anni.
Ma per noi cominciava quel viaggio leggendario, una tratta sulla ferrovia più lunga del mondo, voluta dal futuro zar Nicola II, per collegare le regioni industriali e la capitale russa alla Siberia e alle regioni orientali, fino a Vladivostok, sull’ oceano Pacifico. Un’opera imponente, lunga 9288 chilometri, a cui parteciparono migliaia di uomini, molti dei quali condannati ai lavori forzati.
Prima di partire, avevo comprato un libro di racconti di Pushkin, che mi sembrava adattissimo al luogo e alle molte ore da passare in treno. Non mi ero sbagliata. Gli altri viaggiatori erano tutti locali, famiglie, agenti di commercio, militari, che usavano il treno per lavoro o per raggiungere dei parenti. Con loro potevamo scambiare solo qualche sorriso, qualche “spasiba” e un accenno di gioco con i bambini. Gli stranieri, pochissimi, erano dei nostalgici o delle giovani coppie armate di zainetto, che avrebbero percorso tutto l’itinerario.
Andando verso il vagone ristorante, lungo il corridoio, sentivo profluvi di odori di cibo, che provenivano dalle varie cabine, dove si stava preparando la cena. Il menù era scritto in cirillico, nessuno parlava inglese: ci affidammo alla sorte, indicando le portate che consumavano gli altri.
Cominciai a frequentare il vagone ristorante anche la mattina, per vedere come cucinavano i vareniki, dei tortelli ripieni di patate, o per ordinare delle uova fritte, di cui mimavo la rottura del guscio.
Fuori dal finestrino, scorreva un bosco ininterrotto, infinito di betulle. Quel verde ci penetrava, ci dava serenità. Ogni tanto, in lontananza, si vedevano delle case isolate, degli animali, degli attrezzi agricoli. Il tempo sembrava dilatarsi, le ore erano più lunghe, immobili, sonnolente. Si leggeva, si chiacchierava, si rifletteva o si sonnecchiava.
EKATERINBURG
Situata sul lato orientale degli Urali, è la città dove venne ucciso l’ultimo zar insieme alla sua famiglia e dove, a pochi chilometri, un obelisco con due frecce indica il confine tra l’Europa e l’Asia.
Ad ogni fermata trovavamo sulla banchina frotte di donne di ogni età, che vendevano pesce essiccato, dolci e mirtilli. Un momento, per sgranchirsi le gambe, per comprare qualcosa, per spezzare l’atmosfera pigra e rilassata del treno.
NOVOSIBIRSK
La nostra prima fermata, l’ingresso della Siberia, la città posta a metà del tragitto.
Abbiamo passeggiato lungo il fiume, lungo le grandi vie, all’interno delle grandi piazze, osservando i grandi palazzi e il grandissimo Teatro dell’Opera.
Il giorno dopo, visto che la città non è esattamente bella, abbiamo visitato la sua più importante Università. Una città scientifica, costruita al centro di una foresta, dove abitano gli insegnanti e loro famiglie. E dove si possono visitare la Casa degli Scienziati con la sua libreria di oltre centomila volumi, il museo di mineralogia e naturalmente il museo sulla ferrovia, che mostra la storia del treno. Siamo arrivate in stazione con largo anticipo, perché la Transiberiana, che attraversa sette fusi orari, mantiene sempre come riferimento l’ora di Mosca.
IRKUSTK
La città dove vissero alcuni dei decabristi, gli esiliati politici dopo il fallito colpo di stato contro lo zar all’inizio dell’ Ottocento.
A quel periodo appartengono le case intagliate nel legno, in vari colori pastello, coi bowindow, le finestre e le porte sovrastate da intarsi, la raffinatezza dei dettagli.
Alcune, trasformate in museo, sono visitabili, con i loro oggetti personali, gli strumenti musicali, le opere d’arte. Retaggio dei rappresentanti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, che arrivarono in Siberia.
Ci aspetta il lago di Bajkal, con le sue enormi profondità, i suoi blu assoluti, la sua magia. Ma da qui avremmo anche potuto proseguire sulla Transmongolica. Continuo a rimpiangere le steppe, i cammelli, i cavalli selvaggi, le stupe, le yurte, che avrei visto srotolarsi come in un film lungo il tragitto.