Ero lì quando si alzò il sipario la sera dell’inaugurazione del primo Festival Pergolesi Spontini. Seduta in platea al Teatro Pergolesi di Jesi ascoltai la voce profonda e sensuale fino allo spasimo di Gèrard Depardieu, che leggeva le lettere inviate da Napoleone alla moglie Giuseppina. Il tutto alternato a brani delle opere di Spontini, che era diventato il maestro di corte dell’imperatrice.
Un festival ambizioso, audace, che riportava sulla scena due importanti compositori, ma forse non notissimi a gran parte del pubblico: nati entrambi nelle Marche, a pochi chilometri di distanza, Pergolesi nel 1710 a Jesi, Spontini a Maiolati nel 1774. Ma c’era un altro aspetto che rendeva questo festival così particolare: il desiderio di portare la musica ovunque, nelle piazze, nei cortili nascosti, all’ombra dei musei, nelle cantine, nelle ferrovie in disuso, nei conventi dei frati, in una tenda da circo. E naturalmente in tutti i teatri, quei piccoli teatri che la colta borghesia aveva costruito a sua misura.
Mi ricordo i viaggi lungo le morbide colline marchigiane, per raggiungere Chiaravalle, Montecarotto, Osimo, Senigallia. E quei teatri che all’improvviso diventavano affollati, riprendevano vita.
Quest’anno il festival è arrivato alla sua diciottesima edizione, dopo aver proposto ogni volta un tema diverso: da quello sull’imperatore Federico II, che nacque proprio a Jesi, a quello dell’addio dell’abbandono e del ritorno ai falsi d’autore.
La manifestazione è cresciuta, si è fatta conoscere all’estero, ha proposto degli inediti, ha portato sul palco i più grandi della musica, come Claudio Abbado e Salvatore Accardo.
L’edizione di quest’anno è stata dedicata al “Viaggio in Italia” , il grand tour che i giovani aristocratici del nord Europa facevano nel nostro paese. Per trovare i punti di contatto fra Venezia, Roma, Napoli e l’ambiente marchigiano. Quattro i concerti dedicati alla valorizzazione degli organi realizzati a Venezia e conservati nelle Marche.
Pergolesi e Spontini ricevettero la loro formazione musicale nei Conservatori di Napoli, tanto che l’Europa li accolse come maestri di “scuola napoletana”. E sempre a Napoli moriva Giacomo Leopardi, nato a Recanati.
A coronamento di questo viaggio musicale per la penisola, l’eccezionale ritrovamento di un’opera di Spontini, ritenuta perduta per oltre due secoli. Ritrovata in Belgio, nel castello di Ursel, “Le Metamorfosi di Pasquale ” è una farsa giocosa che Spontini musicò per il teatro San Moisè di Venezia, dove debuttò l’altro grandissimo marchigiano Gioacchino Rossini.
Tutto torna, come in quest’opera vivace, brillante, ricca di intrighi e di intrecci. Dove il povero Pasquale, avventuriero in cerca di fortuna, verrà beffato da tutti e dovrà rinunciare ai suoi sogni d’amore e di potere. E sarà Lisetta, un tempo promessa a Pasquale e poi da lui abbandonata, ormai in procinto a convolare a nuove nozze, a tirare le somme. Una servetta piena di esuberanza e di ingenua sensualità che canta:
Signori galanti, che fate gli amanti, le povere femmine non state a burlar. Poi ché v’assicuro, che viene il momento, in cui sanno farsela ben bene pagar.