BUENOS AIRES
Ballo per le strade di Buenos Aires, al ritmo della musica che arriva da qualche negozio. Ho sempre detto, e forse continuerò a pensarlo, che se dovessi abitare in qualche luogo fuori dall’Italia, sarebbe in questa città. E ho convinto anche qualche mio amico, che vi si è trasferito. Una città molto europea con i suoi palazzi, i grandi viali, i giardini, i monumenti, ma che in modo del tutto sud americano ti mette la voglia di ballare. Senza mai dimenticare i drammi che l’hanno toccata, gli sconvolgimenti politici ed economici, Buenos Aires continua a mantenere il suo fascino.
In centro, con la tragicamente famosa Plaza de Mayo, la casa Rosada dal cui balcone si affacciarono il generale Peron e altri uomini politici per arringare i loro sostenitori, l’imponente teatro Colòn, intitolato a Cristoforo Colombo.
Ma è il vicino quartiere di San Telmo che faccio mio, dove passeggio, mi fermo da sola in un qualche bar a mangiare un’empanada, visito tutte le gallerie alla ricerca di quadri non troppo convenzionali, entro nei negozi che vendono splendidi pezzi di antiquariato e di modernariato, lasciati da famiglie agiate nei momenti in cui la crisi diventava più dura.
Luogo di artisti, che ci abitano, di palazzi delabrè molto affollati, di un mercatino delle pulci, dove all’improvviso sbucano coppie che ballano il tango.
A Buenos Aires, ogni barrio, ogni quartiere, conserva le proprie caratteristiche. Come la Boca, dove trovarono sistemazione i più poveri degli immigrati provenienti dall’Italia e dalla Spagna. Diventato molto turistico, con il suo Caminito, un percorso pedonale, continua ad attrarre coi colori vivacissimi delle sue abitazioni, dal giallo più violento al rosso, all’azzurro al verde, combinati sulla facciata di ogni singola casa.
Senza dimenticare che nello stadio La Bombonera, Maradona tirò i suoi primi calci al pallone.
E poi il Palermo, col suo giardino botanico e l’elegante Recoleta, dove è situato il museo dedicato ad Evita Peron. Fra i suoi famosi vestiti, i suoi ritratti, le fotografie, è straziante l’audio del discorso pronunciato con voce flebile, quando era ormai prossima alla fine, rivolto al suo amatissimo popolo.
A Puerto Madero, nuovo e sfolgorante, invece svettano i grattacieli, si affacciano sul porto i ristoranti definiti da architetture in vetro.
Ci tornerò, probabilmente per un periodo più lungo, per mangiare tonnellate di carne cotta alla griglia, bere vino rosso locale e continuare a ballare per le strade.
PATAGONIA
Adesso si parte per la Patagonia. Per Puerto Madryn, dove l’orizzonte diventa più basso, dove il vento ti trascina, dove la sua origine gallese si ritrova nelle villette in pietra a vista e le tendine ricamate, nei giardini curati.
E il contrasto diventa incredibile, quando in quest’angolo al sud del mondo, affacciato sull’Atlantico, si entra in una sala da tè, fra pizzi, antichi servizi di porcellana, dolci al burro e marmellate fatte in casa. Ma Puerto Madryn è anche il punto strategico, da cui partire per scoprire le riserve naturali, popolate da elefanti marini, che si rotolano pigramente sulle spiagge nella loro pinguedine, leoni del mare, orche, otarie, cormorani, procellarie giganti. E naturalmente i pinguini.
RISERVA DI PUNTA TOMBO
Nella riserva di Punta Tombo, ne arrivano quasi un milione nel periodo della nidificazione. Camminando su passerelle di legno, si possono vedere a distanza ravvicinata i pinguini di Magellano, nella loro assoluta indifferenza nei nostri confronti.
Dopo che la femmina ha deposto le uova in buche scavate nel terreno, sono entrambi i genitori che si occupano di covarle. E sempre tutte e due, con la loro andatura impettita e impacciata, fanno la spola dal mare al nido, per procurarsi il cibo e nutrire i piccoli.
C’è un fermento incredibile nella pinguinera: abilissimi nuotatori, i pinguini si inabissano fra le onde, attendono la schiusa delle uova, oppure soli e innamorati emettono i loro stridii alla ricerca di una femmina.7
PENISOLA DI VALDES
Ma l’emozione più inaspettata arriva dalle acque tiepide e calme su cui si affaccia la Penisola di Valdes.
Partiamo dalla costa con una lancia che, arrivata al largo, spegne i motori. Si crea un’onda davanti a noi e poi subito dopo appare un’enorme pinna. Sono confusa, è talmente perfetta da non sembrare vera. E invece è una balena, una delle tante che hanno raggiunto queste acque protette per riprodursi.
Le balene franche australi si avvicinano allo scafo, ci bagnano con gli spruzzi provocati dalle loro evoluzioni, emergono in tutta la loro potenza per poi inabissarsi di nuovo. E nuotano accanto ai loro piccoli, senza mai perderli di vista, in una forma tenerissima di protezione.
GHIACCIAIO PERITO MORENO
Ultima tappa e ultimo spettacolo imperdibile, il ghiacciaio del Perito Moreno. Su una nave rompighiaccio, costeggiamo i suoi trenta chilometri, che assumono tutte le tonalità e le sfumature dell’azzurro.
La sua eccezionale particolarità consiste nell’essere un ghiacciaio in movimento, in un costante avanzare di due metri al giorno, dovuto ad un cuscinetto d’acqua che lo separa dalla roccia sottostante e ne agevola lo scorrimento. È proprio questo continuo movimento che provoca il distacco di enormi blocchi di ghiaccio dalle pareti. Il rumore che li accompagna è indimenticabile. A me non è capitato di sentirlo, mi è bastato vedere le guglie, le creste, le masse enormi di ghiaccio, che cambiavano colore, a seconda dei giochi di luce del sole, in questo lembo di terra estremo, puro, assoluto.
E poi tanto ci tornerò.