La Venere Callipigia, la Venere dalle belle natiche, solleva la veste per mostrare le sue nudità quasi con un passo di danza. Questa magnifica statua in marmo bianco, esposta ora alle Scuderie del Quirinale, sembra sintetizzare il senso della bellezza, della seduzione, dell’erotismo di Ovidio, maestro d’amore.
Come Eros, con l’arco in mano, già pronto a scoccare la freccia che farà innamorare chi ne sarà colpito o l’altra Afrodite che si copre appena con le mani il corpo completamente nudo, a cui fa da contraltare una bellissima Venere pudica del Botticelli, dalle forme allungate e quasi adolescenziali. Ma in mostra vi sono anche gli affreschi, provenienti da Pompei e Ercolano, dove le posizioni degli amanti non lasciano adito a dubbi, e gli specchi, i flaconi per gli unguenti, i gioielli che le donne indossavano, preparandosi ai loro incontri clandestini. Ovidio insegna a uomini e donne come corteggiarsi, come sedursi e come lasciarsi. Con tecnicismi che riguardano perfino la tintura dei capelli. Un modo troppo gioioso, troppo libertino, che non dovette piacere ad Augusto che voleva riportare i costumi dell’epoca a una maggiore severità. L’imperatore, che viene presentato in mostra in veste di Pontefice Massimo, col capo coperto, inflisse al grande poeta l’esilio perpetuo in un paese sperduto sul Mar Nero. Ma la grandezza di Ovidio non venne mai oscurata: per secoli pittori e scultori vennero ispirati dalle sue opere. E questa mostra lo conferma, attraverso crateri, rilievi, codici miniati, sculture, tele, opere di Cellini, Tintoretto, Poussin fino all’installazione al neon di Joseph Kosuth, che ne cita alcuni versi. Naturalmente un posto di rilievo hanno le sue Metamorfosi, opera della maturità, dove tutto si trasforma, tutto si modifica, spesso ancora a causa dell’amore, ma di un amore che é diventato infelice, drammatico. E allora ecco rappresentati Apollo e Dafne, dove il dio folle d’amore cerca di raggiungere la fanciulla che, per sfuggirlo, si trasforma in alloro.
Il dolce petto si ricopre di fibra sottile, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, prima tanto veloci, aderiscono a immobili radici, una cima prende il posto del volto, le resta soltanto la bellezza.
Arianna, lasciata mentre dormiva da Teseo, in mostra ci appare rappresentata da una magnifica testa, coperta da un braccio che protegge il suo sonno. Ma è immortalata anche nel momento successivo, quando Bacco la ama e la consola e scaglia verso il cielo la corona che le adorna la fronte, che si traformerà nella costellazione della Corona Boreale.
E ancora i miti di Narciso, il fanciullo che s’innamorò della sua immagine, di Ceice e Alcione trasformati in uccelli e di Ermafrodito, che ha ispirato una splendida e voluttuosa statua, un giovane che giace su un fianco, con la testa appoggiata ad un braccio che gli fa da cuscino. E dopo tante trasformazioni in fonti, alberi, fiori, per Ganimede, il fanciullo amato da Giove, si aprono le porte del cielo e dell’immortalità. Con lui s’ identifica Ovidio quando scrive di aver compiuto un’opera che niente potrà distruggere e che il suo nome resterà indelebile. Niente più di questa esposizione potrebbe dimostrarlo.
(Ovidio, Amori, miti e altre storie – Scuderie del Quirinale a Roma – fino al 20 gennaio 2019)